Una visita al Museo Minerario di Abbadia San Salvatore: semplicemente imperdibile. La miniera di Cinabro di Abbadia San Salvatore è stato il fulcro dell’attività economica della Città delle Fiaccole e della Bibbia Amiatina (così si chiama il borgo più popoloso del Monte Amiata) per almeno un intero secolo, fra produzione e riconversione industriale dopo la chiusura avvenuta nel 1976.
La prima parte della visita (cliccate qui se ve la siete persa) è andata: le riserve (piccole aree ricavate a fianco delle gallerie per il lavoro dei minatori) che seguono offrono la ricostruzione di scene degli anni ’50 del 900. Il Museo Minerario di Abbadia presenta nelle sue sale museali alla Torre dell’Orologio una serie di reperti molto interessanti che consentono di andare a fondo nella ricostruzione delle tecniche impiegate e dei particolari sul lavoro in miniera. Ma è qui in galleria che si percepisce l’atmosfera, le sensazioni più crude, vere e reali di quegli anni.
Le condizioni di lavoro sono migliorate: ecco i martelli ad aria compressa (eh si, niente elettricità: in miniera c’è tanta acqua, si rischierebbe troppo), le prime pale meccaniche per sollevare il materiale scavato e riversarlo nei vagoni, l’utilizzo dell’esplosivo si fa via via più frequente, arrivano i primi caschetti e le scarpe anti infortuni.
Non che si goda: tutt’altro. La vita del minatore sarà terribile fino all’ultimo giorno di funzione delle miniere. Non ci sono ancora le maschere per la protezione delle vie respiratorie (..quanti danni causati ai polmoni dei minatori, qualcuno se li è portati fino ai giorni nostri), non ci sono protezioni per l’udito, si lavora in condizioni proibitive sotto qualsiasi punto di vista.
La temperatura in galleria. Le Gallerie, poste fino a 450 metri sotto il livello del suolo, potevano raggiungere temperature insostenibili. I Minatori riuscivano a sopportare molto, ma non era semplice. Con gli anni, grazie all’opera dei sindacati, si arriva ad un accordo sulle condizioni massime tollerabili. Fino a 30 gradi (ma considerate un’umidità sempre prossima al 100%) si lavora 8 ore. Con 31/32 gradi si cala di un paio d’ore, progressivamente fino a 36 gradi, massima temperatura consentita per il lavoro di galleria. Oggi ci si lamenta per i condizionatori e i termosifoni in ufficio…
Il trenino sferraglia, si arriva ad un’altra riserva ed ecco gli anni 60 con ulteriori novità. L’auto pala invece che la pala meccanica: su ruote invece che su binari, con vagone di carico incorporato, rende la vita molto più facile. La produttività aumenta e i minatori iniziano a stare da soli a lavoro. L’illuminazione è migliore: non più lampade ad acetilene con la fiammella volubile che ti lascia al buio quando succede qualcosa di imprevisto – basta un colpo d’aria – ma luci a batteria attaccate sul casco.
Uno dei momenti più suggestivi della visita al Museo Minerario di Abbadia è l’esperienza del buio. Le guide spengono l’illuminazione e lasciano i visitatori nel buio più completo. Non è il buio di quando va via la luce a casa, attenuato comunque da piccole sorgenti di luce. E’ un buio totale, profondo, incredibile, assoluto. Un buio che stordisce e che lascia annichiliti.
Pensate al minatore, spesso anche giovane, 14-15 anni, che rimane solo in una situazione del genere per un imprevisto. Potrebbe essere infortunato, eppure non può muoversi, non può cercare aiuto, è avvolto nell’oscurità. Deve attendere la fine del turno: la squadra di recupero non vedendo il suo medaglione sulla medagliera lato fine turno scenderà a cercarlo. L’attesa potrebbe essere stata davvero tremenda.
L’impressione è forte. Si riaccendono le luci ed il trenino prosegue. Nuove riserve e nuove scene, ricostruite nei dettagli. La perforazione dei tunnel verticali di areazione grazie ad apparecchi che definire poco sicuri è un banale eufemismo (a carico della cosiddetta “Squadra della Morte” per ovvi motivi che potete intuire); i tavoli degli ingegneri e tecnici con nozioni sulla programmazione del lavoro; gli ascensori per il carico scarico dei vagoni….
Una sequenza di testimonianze autentiche e terribilmente realistiche che riescono più di qualsiasi libro a raccontare ciò che questi cunicoli hanno rappresentato per chi li frequentava quotidinamente.