Una visita al Museo Minerario di Abbadia San Salvatore: semplicemente imperdibile. La miniera di Cinabro di Abbadia San Salvatore è stato il fulcro dell’attività economica della Città delle Fiaccole e della Bibbia Amiatina (così si chiama il borgo più popoloso del Monte Amiata) per almeno un intero secolo, fra produzione e riconversione industriale dopo la chiusura avvenuta nel 1976.
Un breve inquadramento storico della Miniera di Cinabro di Abbadia, direttamente dalla fonte più autorevole, il sito ufficiale del Museo Minerario:
[…] il 20 giugno 1897 fu fondata a Livorno da Vittorio Emanuele Rimbotti in associazione con uomini d’affari tedeschi la Società Anonima delle Miniere di Mercurio del Monte Amiata che, nell’agosto dello stesso anno, dopo aver acquistato terreni in località Le Lame e l’Ermeta, avviò la costruzione dello stabilimento metallurgico.
[…] Il 31 gennaio 1899 con l’accensione dei primi forni entra in attività la miniera di Abbadia San Salvatore […]
[…] la produzione di mercurio che dal 1900 al 1920 passò dall’8% al 25% dell’intera produzione mondiale.
Insomma, uno stabilimento metallurgico piuttosto rilevante in termini di quantità a livello mondiale. Figuriamoci per Abbadia: la Miniera ha letteralmente sconvolto l’economia e la società del piccolo borgo e dei suoi abitanti, abituati (dopo un glorioso passato medievale) a vivere di poco con le attività legate alla montagna.
Attualmente il Museo Minerario di Abbadia è collocato all’interno dell’area ex mineraria, una vasta zona che occupa i terreni alla fine del paese, sulla strada che va verso la vetta del Monte Amiata.
E’ bello arrivare al Museo Minerario a piedi dal centro del paese.
Si percorre la Via Hamman, intitolata all’ingegnere protagonista dei lavori di insediamento degli impianti industriali, si arriva alla graziosa chiesetta della Madonna del Castagno, si sorpassa la “Colonia”, il “Parco dei Daini” e si entra attraverso un arco in quella che ormai è un area riqualificata, adibita ad attività produttive di vario genere.
Il Museo è collocato nella Torre dell’Orologio, maestoso edificio, punto di riferimento dell’intera area ex mineraria.
La nostra visita al Museo Minerario inizia con l’attività sicuramente più emozionante: la visita alla Galleria Livello VII, una riproduzione fedele della Galleria posta a -7 metri dal suolo (quindi una profondità ben ridotta rispetto ai massimi di centinaia di metri che si raggiungevano in alcuni punti).
Si indossano i caschetti, si accendono le lucine e ci si avvia verso l’ingresso della Galleria. Sufficienti i primi metri a incutere un timore pieno di rispetto per chi ha lavorato qui per decenni. L’aria fresca, simile a quella di una cantina, non rende l’idea di ciò che i minatori provavano a profondità maggiori: un caldo insopportabile conferito dal ventre del Vulcano spento, il Monte Amiata.
Massimo, la nostra impagabile guida, snocciola innanzi tutto una serie di dati per rendere l’idea di cosa rappresentasse la miniera in termini quantitativi:
- 22 livelli di gallerie
- 35 km di gallerie
- 400 minatori
- più di 1000 persone impiegate dall’intero stabilimento (per darvi un’idea, ad Abbadia al massimo hanno vissuto 10.000 persone, ma realisticamente si è andati raramente oltre le 7000)
- 1000 tonnellate di minerale estratto ogni giorno
- forni che bruciavano 800 tonnellate di minerale ogni giorno (lavorando 7 giorni su 7, invece delle gallerie che naturalmente producevano solo 5 giorni su 7)
Insomma, un colosso che si inseriva nel quadro delle miniere del Monte Amiata ( date un occhio qui)
Dopo l’introduzione, si sale sul trenino e si inizia la vera e propria visita alla Galleria
Un trenino che riproduce i vagoni utilizzati al tempo e che viaggia veramente sui binari predisposti per farvi toccare con mano l’esperienza della Miniera di Mercurio.
Sferraglia, avanza con un rumore tipico degli impianti industriali, è ruvido e molto molto reale: già dai primi metri si viene scaraventati in quello che era un mondo senza comfort, un mondo di lavoro, fatica e pericolo.
Si viaggia lungo la “Galleria di Carreggio” – costruita per il passaggio dei binari – da cui si diramavano le Gallerie di Coltivazione laterali, più piccole e anguste. Strutture in legno a sostenere la terra sopra le nostre teste: i “ritti”, travi in verticale, e le cappucce, in orizzontale, costruiscono un’architettura di altri tempi. Affascinante arrivare alla prima “riservetta” con la ricostruzione del lavoro dell’epoca. Si parte dai primi anni del Novecento. Abiti come capitava, figli dei lavori precedenti: contadini, boscaioli, falegnami. Nessuna divisa da parte della proprietà, nessun caschetto, pochi aiuti meccanici e tecnologici.
Qui si vede già un vagone su binario, ma all’inizio si è lavorato con muli e asini che trasportavano sul groppone il pesante carico del minerale. Scene davvero d’altri tempi, con le lampade ad acetilene che offrivano l’unica risorsa contro il nemico più temibile del minatore: il buio… [continua qui: Una visita al Museo Minerario di Abbadia Parte 2]