Alcuni se lo ricorderanno, altri l’avranno sentito solo raccontare, altri ancora non crederanno neanche che stiamo dicendo una cosa vera. Eppure per anni i fuochi, che qui ad Abbadia conosciamo bene con la tradizione delle Fiaccole di Natale, si facevano anche d’estate e non in un periodo qualisiasi, ma proprio in occasione di Santa Maria Assunta.
Era una tradizione antica, che coinvolgeva in maniera particolare la montagna e rinsaldava ogni anno un legame indissolubile tra il paese e la natura circostante, tra una comunità strettamente legata alle proprie radici ed un territorio che era qualcosa di più di un semplice luogo dove vivere, ma parte integrante delle vita di ognuno.
Non a caso, se si vuole ritrovare una prima testimonianza di questa tradizione bisogna tornare almeno al XV secolo, quando alla Rubrica 21 dello Statuto di Abbadia si poteva trovare scritto:
Deva la corte del castello dell’Abbadia et ancora li Priori del Comune, per vinculo di giuramento, ogn’anno nella festa della Santissima Assunta del mese di agosto, far fare il fuoco nella sommità e cima della Montagnata, come è costume, in segno di proprietà e dominio. E si facci un gran fuoco acciò si cognosca la giurisditione del monte.
Ed è del 1907 la testimonianza dello scrittore inglese Edward Hutton che racconta nei suoi scritti l’esperienza personale vissuta nel far visita a queste terre. Egli narra di aver incontrato lungo il sentiero un uomo intento a preparare un grande falò per potergli poi dar fuoco…
– Certo, ma perché stai facendo un falò allora? – (quando ho visto il tramonto ho creduto che ci dovesse essere una festa in paradiso) – Forse vuoi continuare quella festa?
– I cieli non possono da soli sostenere questa festa, ma hanno bisogno della terra e del mare. Ha forse dimenticato signore che è la vigilia di Santa Maria Assunta? Non gioisce forse l’intero universo quando Dio incontra la sua madre nel mezzo dei cieli, conducendola al suo Trono di diasporo, posando sulla sua Santa Testa la corona di sette stelle?
Bellissima è anche la descrizione dei festeggiamenti, un racconto che raccoglie in sé tutta l’autenticità di un dipinto dell’inizio del ‘900:
In serata, dopo il tramonto, si balla al chiaro di luna al suono dei mandolini. A volte una ragazza vuole ballare con un’altra ragazza, un uomo con un altro uomo; ma è solo l’inizio; dopo un po’ tutti si propongono a una partner, senza tante cerimonie, appartandosi con lei, iniziando quella curiosa, simpatica danza paesana così candida, così languida eppure così piena di vita. Poi con le movenze più esperte si imbucano nella festa anche alcuni figuri rurali che nessuno conosce, ma, con la pazienza e la cortesia del buon latino si accontentano di restare a guardare, sedendosi a terra sotto gli alberi, in piccoli gruppi, mentre qua e là le lanterne brillano e la luce del chiaro di luna inonda la piana filtrando attraverso gli alberi.
Uno straordinario ricordo, una testimonianza che si è persa nel tempo. Verrebbe da dire un magnifico lembo di vita paesana che ormai fa parte solo del passato e non del presente.
Ma è davvero così?
Come sempre accade, il tempo modifica le cose, le plasma, le adatta alla realtà attuale, ma se una tradizione è davvero sentita, se quel legame con i boschi e con la montagna non cessa mai di esistere, ciò che è autentico rimane, e ciò che rimane non è che un’interpretazione nuova, anzi rinnovata, di quello che nei secoli è stato. Così i giovani del paese quel legame non lo hanno mai perso, quelle radici così profondamente attaccate alla consuetudine non hanno mai sofferto e con il tempo, anno dopo anno, la tradizione è diventata Ferra il Bosko. Danze, canti, una notte in cui si recupera un legame stretto con la natura e con la montagna con un occhio sempre rivolto all’ecologia e all’amore per il territorio.
Non stupitevi se ogni anno Ferra il Bosko è sempre così partecipato, vivo e pieno di energia. Rappresenta il modo in cui i giovani di oggi hanno reintepretato la tradizione. Da quei fuochi d’estate ai ritrovi tutti insieme in tenda, davanti a un braciere, da quelle danze paesane a una notte di musica che coinvolge centinaia di persone tra organizzatori, volontari, appassionati e semplici curiosi. È il modo in cui celebriamo il nostro Ferragosto.
Fonti:
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Abbadia San Salvatore - Una comunità autonoma nella Repubblica di Siena, M. Ascheri, F. Mancuso, Il Leccio
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Una finestra aperta su Abbadia durante il governo dei Lorena, L. Romani
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Toscana Sconosciuta, Edward Hutton, Effigi