Camminando lentamente
La Conca d’Oro ai piedi della “montagna madre”
Ognuno di noi, nella sua testa, ha la sua idea di “luogo incantato”, un luogo pieno di luce, di tranquillità, quel luogo dove l’equilibrio naturale delle cose non è stato stravolto dalla mano dell’uomo e dove ci si trova in pace con sé stessi.
L’Amiata è piena di luoghi che rispondono a questa descrizione, ma ce n’è uno, nascosto ma ben visibile, ricco ma sconosciuto, che proprio dai piedi della montagna scende verso una delle valli più belle del mondo, quella disegnata dal Fiume Orcia.
Il perché di un nome che sa di antico
Papa Pio II, nel ‘400, descrisse questa parte del versante occidentale del Monte Amiata come ricca di acque e di una grande e varia produzione agricola. Quattrocento anni dopo, Giacomo Barzellotti, studioso, parlava di “un amore di piccola valle”, ricca di acqua e campi. Poco meno di cento anni dopo, un grande studioso, figlio di queste terre, Ildebrando Imberciadori, finalmente trovò il nome adatto per questo angolo di Amiata: Conca d’Oro, quasi a richiamare le opere latine di Virgilio e di Orazio, quasi a significare la ricchezza e la fertilità di quella parte della montagna.
Questa “conca” disegnata dal Fiume Ente e dal suo percorso verso la confluenza con l’Orcia , aiutato da tantissimi altri piccoli rivoli e da corsi d’acqua di una certa importanza per la nostra montagna (come il Vivo), dipinge un quadro completo di quella che era l’economia prevalente del versante ovest dell’Amiata fino a cinquant’anni fa: castagne, olive, viti, un po’ di grano e frumento, campi per il pascolo delle pecore, qualche albero da frutto. Tutto ciò si è mantenuto quasi intatto attraversando secoli in cui l’uomo ha sempre di più antropizzato e cambiato il paesaggio. Processo che qui sembra essersi fermato.
Acqua, castagne, olio e vino
Partendo da Castel del Piano vi potrete incamminare lungo la strada asfaltata per poi scegliere fra la miriade di sentieri che arrivano fino in fondo alla valle, affacciandosi sull’Orcia e sulle vigne dove nasce il Sangiovese per il Brunello di Montalcino.
Ovunque vi sposterete, qualsiasi strada prenderete, sarete sempre e comunque accompagnati dal rumore dello scroscio dell’acqua che qui nasce ovunque. Volete sapere il motivo?
A questa altezza si ha l’incontro tra le rocce vulcaniche, nate dalle eruzioni del Monte Amiata quando era ancora un vulcano, e quelle argillose, questo fa sì che qui troviate decine di piccole sorgenti da cui nasce acqua chiara e limpida che corre lungo tutta la valle.
In poco tempo, seguendo l’acqua, passerete dai castagneti, alcuni ricchi di piante di marroni secolari, agli oliveti pieni di Olivastra seggianese, con il suo verde lucente e la sua forza adatta a resistere anche agli inverni più gelidi, fino ad arrivare ai filari delle vigne dove nasce il Montecucco. Tutti e tre questi prodotti, figli di un’antica tradizione agricola, sono prodotti come produzioni di eccellenza, rispettivamente con il marchio IGP (Identificazione Geografica Protetta), DOP (Denominazione Origine Protetta) e DOCG (Denominazione Origine Controllata Garantita).
Camminando lentamente, da podere a podere
Il cammino lungo i sentieri, lambendo i campi e seguendo i corsi d’acqua, ripercorrendo quelle stradine che una volta erano attraversate dai contadini a dorso d’asino e, prima ancora, dai pellegrini che, lungo questa “parallela” della Via Francigena, andavano verso Roma o tornavano verso nord, vi darà la possibilità di vedere e visitare gli antichi poderi una volta abitati dai contadini e dalle loro famiglie.
Senza fretta, osservando, pensando e immaginando, questo vi sembrerà davvero il luogo incantato che tanto avete cercato. Un luogo dove la natura e la storia, non quella dei grandi libri, ma quella dei nostri antenati, vanno a braccetto, un luogo dove l’uomo ha saputo controllarsi per lasciarsi la possibilità di vivere ancora appieno la bellezza della natura e delle sue creazioni.