Qual’è la differenza tra castagne e marroni
Per castagna comunemente si intende il frutto selvatico, ma in realtà la castagna è il termine con cui si identificano genericamente tutte le varie tipologie di castagne. Il marrone è uno di questi, quello destinato alla coltivazione ed il marrone amiatino in particolare è uno dei frutti più pregiati.
È una storia antica quella della castagna sul Monte Amiata, vecchia almeno quanto le popolazioni che qui vivono da secoli e che proprio alla castagna hanno da sempre legato la loro esistenza.
Per moltissimi anni la castagna ha rappresentato la principale risorsa per il sostentamento della gente di montagna che lavorava questo frutto autunnale, estremamente particolare, in moltissimi modi, realizzando attorno ad esso un poliedrico e ricco corollario di ricette, capace di sfruttare la castagna dal salato al dolce, dal contorno alla farina. In mezzo a tutto questo stanno i prodotti oggi conosciuti in tutto il mondo: le caldarroste (qui meglio note come “Gogliuli”), il castagnaccio, i necci, la polenta dolce di castagne, la marmellata di marroni e molto altro ancora, fino alle più moderne sperimentazioni che hanno visto la nascita della birra alla castagna, dei succhi e degli snack.
Ma perché la castagna del Monte Amiata è così buona?
Tutto dipende da un fattore unico, introvabile in altri luoghi: il vulcano. L’Amiata è infatti un vulcano sopito da lungo tempo, ma i terreni sui quali crescono i suoi castagneti sono particolarmente adatti alla prosperità di questa pianta. Sviluppandosi tra i 350 e i 1000 metri sul livello del mare, i castagneti possono arrivare a produrre fino ai 1800 kg di castagne per ettaro.
Una risorsa così grande e importante ha sempre visto, storicamente, una particolare attenzione da parte delle popolazioni che attorno ad essa hanno costruito la propria storia. Quel “Pan di legno e vin di nuvoli” (Viaggio al Monte Amiata; G. Santi 1795), come lo definivano i boscaioli che si nutrivano quasi esclusivamente di polenta di castagne e acqua, andava protetto. Per questo motivo già a partire dal ‘300 si ha testimonianza di statuti e norme emanati dalle comunità amiatine per proteggere e regolamentare gli utilizzi del castagno, lo sfruttamento del suo legname e la raccolta dei suoi frutti. Un magnifico sodalizio tra uomo e natura.
Quando dove e come raccogliere le castagne
Il periodo ideale per la raccolta delle castagne è l’autunno. Si comincia già dal mese di settembre ma il raccolto migliore si ha solitamente tra ottobre e novembre. Nei boschi di demanio pubblico è possibile raccogliere le castagne “selvatiche” o in alcuni boschi anche delle marroncelle. I boschi di marroni sono invece quasi sempre proprietà privata e sono ad uso esclusivo dei coltivatori, ma questo gustoso frutto della montagna si può comunque trovare disponibile tanto nei negozzi tipici che enogastronomici del Monte Amiata.
Come conservare le castagne dopo la raccolta
Ci sono diversi modi per conservare le castagne dopo la raccolta. Sicuramente si possono trasformare in farina di castagne, ideale per realizzare dolci e pasta frolla e pasta fresca, ma si possono anche essiccare e mangiare come spuntino di tanto in tanto (conservano tutto il loro sapore). Un’altra possibilità è congelarle ma in questo caso, seppur mantenendosi molto bene, il frutto perde un po’ del proprio gusto originale. Ovviamente però il consiglio è di consumarle dopo pochi giorni dall’acquisto o dalla raccolta e cucinarle in uno dei moltissimi modi possibili.
Come cucinare le castagne dopo la raccolta
Avevamo già avuto modo di parlare dei diversi nomi che la gente di Abbadia aveva dato ai molti modi di cucinare le castagne. “Gogliuli”, ad esempio, è il nome delle comuni caldarroste, quando la castagna viene arrostita al fuoco o sulle braci e si fa croccante e succulenta. Un ideale spuntino per le serate fredde dell’autunno e dell’inverno. “Suggiuli” deriva invece il proprio nome dalla castagna che, come si può immaginare, si succhia. Le castagne vengono messe a bollire ancora con la buccia in una grossa pentola e, una volta pronte, si schiaccia il guscio con i denti e se ne succhia il dolce contenuto. Le “Mónne”, infine, sono forse uno dei più raffinati e tradizionali modi di cucinare la castagna dell’Amiata. Si utilizza preferibilmente la varietà “Marrone del Monte Amiata”, lo si sbuccia e si mette a bollire assieme ai semi di finocchio. Il risultato è una pietanza dal sapore inconfondibile e straordinariamente unico.
Come fare la farina di castagne
Il procedimento è molto semplice. Prima di tutto le castagne vanno selezionate (essendo prodotti naturali e freschi attenzione che non ospitino il bachino), lavate e messe a cuocere nell’acqua. Una volta calde e scolate vanno pulite, private da ogni buccia. Una volta raffreddate vanno cotte in forno (circa 160-180 gradi) per un’oretta circa. A questo punto vanno fatte freddare di nuovo ed occorre qualche ora. Quando ci si accorge che sono essiccate e fredde si potranno frullare in modo che diventino una farina il più fina possibile.
La castagna del Monte Amiata
Oggi la castagna dell’Amiata e il Marrone Amiatino rappresentano un’eccellenza gastronomica che si sta affermando sempre di più a livello nazionale e internazionale con il riconoscimento anche dell’Identificazione Geografica Protetta.