Le Fiaccole di Natale di Abbadia San Salvatore sono una festa che sta ormai diventando celebre in tutta Italia. Una tradizione millenaria che appassiona proprio per la sua straordinaria autenticità e bellezza.
Chi conosce le Fiaccole sa della tradizione di aspettare la Santa Messaaccendendo pire alte fino a sette metri (le Fiaccole, appunto), attorno alle quali rinnovare amicizie e conoscenze, scambiarsi i saluti e gli auguri tra un bicchiere di vin brulé e una fetta di Ricciolina. In realtà ci sono molte altre “tradizioni nella tradizione” meno note eppure altrettanto importanti.
Una di queste è rappresentata indubbiamente dalle Pastorelle. In realtà si potrebbe dire che le Pastorelle sono importanti almeno quanto le stesse Fiaccole perché della sera del 24 dicembre sono una componente fondamentale. Ma cosa sono? Le Pastorelle sono canti, canti natalizi da fare in compagnia, passando da una fiaccola all’altra o semplicemente restando presso la propria fiaccola se si è contribuito a costruirne una. Sono quel momento in cui ci si riunisce in gruppi, magari accompagnati da una chitarra e si intonano inni alla nascita del Salvatore. Tutti si possono aggregare e tutti possono dare il proprio contributo canoro, basta munirsi dei testi tipici. Sui canti delle Pastorelle si generavano in passato vere e proprie sfide: la “disturna” come la chiamavano i nostri nonni. Così la gara era a chi cantava meglio o a chi intonava il canto con il volume più alto. Non c’erano veri e propri vincitori e vinti, quello che contava era il riconoscimento della comunità. Ricevere i complimenti dei concittadini per la performance della serata equivaleva ad un premio di grande valore.
Il canto delle Pastorelle non è l’unica tradizione nella tradizione all’interno delle Fiaccole. Un’altra abitudine molto antica è quella di portare via, ancora ardente, un tizzone della Fiaccola a fine serata da mettere nel proprio camino come buon auspicio. Un tempo questa pratica aveva anche un profilo pratico, sia perché la brace poteva essere messa nel così detto “prete”, un tipico oggetto utile a scaldare il letto nella rigida notte dicembrina di montagna, quando ancora non esistevano termosifoni o riscaldamenti centralizzati, sia perché dopo aver passato fuori casa l’intera notte poteva esse utile riattizzare il camino con brace ardente.
L’altra grande tradizione è quella del menù della sera della vigilia, dove la carne non si può mangiare e da moltissimi anni nella cena tipica non possono mai mancare il crostino con il cavolo e i tagliolioni con i ceci, ai quali spesso in molte famiglie si aggiunge il baccalà e, ovviamente, l’immancabile Ricciolina. Piatti semplici, frugali, che riportano per una sera alla meraviglia della semplicità. L’altra grande curiosità sta qui: se per gli abitanti di Abbadia è impensabile una vigilia di Natale senza Fiaccole, è vero anche che non è così sentita la tradizione del cenone natalizio. Certo, in molti e da molti anni si ritrovano con parenti e amici per cenare tutti assieme e scambiarsi gli auguri, ma la cena non è il momento più importante. Perché? Perché bisogna uscire ed andare in giro per le Fiaccole.